News

Guida alle minacce interne: come riconoscere e fermare gli insider threat

Già in fase di progettazione di un nuovo ambiente cloud, pubblico, privato, ibrido o multicloud che sia, la componente di sicurezza è un elemento distintivo nell’offerta dei cloud provider. Quanto sono protetti i miei dati? Cosa si può fare per dormire sonni tranquilli?

La risposta a quest’ultima domanda rischia di essere “niente”, perché qualsiasi servizio digitale basato su una rete non può definirsi protetto. Di fronte all’affermazione che direbbe qualsiasi esperto di sicurezza, però, non alziamo le mani. Perché qualcosa, e anche di più, si può fare per proteggere il cloud, i dati, le applicazioni e la rete aziendale da un attacco.

La security negli ultimi anni ha compiuto passi da gigante nella protezione dell’IT aziendale. Si è totalmente cambiato l’approccio, passando da quello classico, passivo, a uno attivo, che punta a prevenire e neutralizzare l’attacco prima che sia troppo tardi.

Le tecniche di protezione hanno dovuto evolvere soprattutto perché quelle di attacco sono cambiate. Oggi è ben chiaro quali siano le tipologie di attacco più diffuse, gli obiettivi e anche il veicolo dell’attacco. Ebbene, tutti gli esperti concordano su tre principi di base:

  • Chi attacca mira al profitto (il ransomware è la tecnica più diffusa)
  • L’arma utilizzata può rimanere silente anche per anni
  • L’attacco si perpetua attraverso un accesso autorizzato

Cos'è una minaccia interna (o insider threat)?

Una minaccia interna è un rischio che proviene da soggetti con accesso autorizzato ai sistemi aziendali. A differenza degli attacchi esterni, qui il pericolo è già “dentro casa”: può trattarsi di un dipendente, ma anche di un fornitore, un partner tecnologico o un consulente con permessi privilegiati.

Questo tipo di minaccia è spesso sottovalutato, ma può avere conseguenze devastanti. Un esempio concreto è l’attacco informatico alla Regione Lazio del 2021, avvenuto tramite l’account di un dipendente compromesso: il criminale ha potuto agire indisturbato perché aveva accesso legittimo all’infrastruttura.

Episodi simili evidenziano quanto sia fondamentale proteggere non solo l’esterno, ma anche il perimetro interno delle aziende, specialmente quando si usano ambienti SaaS e cloud. Ne parliamo più approfonditamente nell’articolo dedicato alle minacce ai sistemi SaaS.

Le principali tipologie di minacce interne

Le minacce interne non sono tutte uguali. Le più pericolose sono quelle dolose, messe in atto da dipendenti o ex-dipendenti mossi da rancore, ideologia o interesse economico. Ma la realtà è che, nella maggior parte dei casi, il danno è causato da comportamenti involontari o negligenti. Errori umani, click su link malevoli, password deboli o policy ignorate sono all’origine di moltissimi incidenti di sicurezza.

Un’altra tipologia in crescita è quella delle minacce compromesse: utenti legittimi le cui credenziali sono state rubate da attori esterni, che agiscono quindi dall’interno senza destare sospetti. Esistono poi scenari più sofisticati, come le minacce collusive, dove un insider collabora volontariamente con un soggetto esterno per colpire l’azienda, ad esempio vendendo accessi o informazioni riservate.

Come riconoscere una minaccia interna: segnali e indicatori

Riconoscere in tempo una minaccia interna è fondamentale per prevenire danni gravi alla sicurezza e all’operatività aziendale. Gli insider threat non agiscono sempre in modo plateale: spesso i segnali sono sottili, ma riconoscibili se si sa cosa osservare. Per una visione completa, è utile distinguere tra indicatori comportamentali e tecnici.

Gli indicatori comportamentali riguardano atteggiamenti o cambiamenti nel modo di agire delle persone. Tra i segnali più comuni ci sono i cali improvvisi di performance, una crescente insoddisfazione o ostilità nei confronti dell’azienda, l’isolamento dal team, conflitti frequenti con i colleghi o un interesse eccessivo verso progetti o informazioni che esulano dal proprio ruolo. Anche la richiesta di accessi ingiustificati o la curiosità verso sistemi riservati possono essere segnali d’allarme.

Gli indicatori tecnici, invece, emergono dall’analisi dei comportamenti digitali e delle attività svolte all’interno dell’infrastruttura IT. Alcuni esempi includono accessi alla rete in orari anomali o da località insolite, download massivi di dati, tentativi ripetuti di accedere a risorse non autorizzate o l’uso di software non approvati, spesso collegato al fenomeno della Shadow IT. Anche la modifica non autorizzata delle configurazioni o la disattivazione di sistemi di sicurezza sono segnali da non sottovalutare.

Riconoscere questi pattern in tempo reale richiede strumenti avanzati di monitoraggio, ma anche una cultura aziendale attenta e formata sul tema della sicurezza interna.

Il rischio dei privilegi elevati: perché partner e sviluppatori sono un punto critico

Chi possiede privilegi di accesso elevati rappresenta un potenziale rischio maggiore. Amministratori di sistema, sviluppatori, system integrator e partner IT sono figure fondamentali nella gestione delle infrastrutture, ma proprio per questo motivo hanno accesso diretto a dati, configurazioni e ambienti critici.

Se non adeguatamente monitorati o vincolati da policy chiare, questi profili possono diventare un punto d’ingresso per attacchi o errori irreversibili. Per i Partner di ReeVo, che spesso gestiscono più ambienti per più clienti, la consapevolezza di questo rischio è cruciale. Un singolo account compromesso può avere un impatto a catena su intere infrastrutture aziendali.

Come fermare le minacce interne: un approccio integrato tra policy e tecnologia

Contrastare le minacce interne richiede una strategia combinata che coinvolga persone, processi e tecnologie. Ecco le leve fondamentali da attivare:

  • Policy di sicurezza chiare e condivise
    Ogni dipendente deve conoscere cosa è consentito, cosa è vietato e quali comportamenti sono considerati rischiosi. Le regole devono essere documentate, aggiornate e facilmente accessibili.

  • Formazione continua e cultura della sicurezza
    La consapevolezza è il primo strumento di difesa. Programmi di security awareness aiutano a ridurre errori umani e comportamenti negligenti, responsabilizzando il personale su dati e accessi.

  • Applicazione del Principio del Minimo Privilegio (PoLP)
    Ogni utente deve disporre solo delle autorizzazioni strettamente necessarie per svolgere il proprio ruolo. In questo modo si limita l’impatto potenziale in caso di abuso o compromissione dell’account.

  • Sistemi di Gestione delle Identità e degli Accessi (IAM)
    Consentono di gestire, controllare e tracciare l’accesso alle risorse aziendali in modo centralizzato, assicurando che le autorizzazioni siano sempre coerenti con il profilo utente.

  • Tecnologie avanzate di rilevamento e protezione
    • UEBA (User and Entity Behavior Analytics): individua comportamenti anomali rispetto al profilo abituale dell’utente.

    • DLP (Data Loss Prevention): previene la fuoriuscita di informazioni sensibili o riservate.

    • SIEM (Security Information and Event Management): raccoglie e analizza eventi di sicurezza da più fonti, per offrire una visione completa e in tempo reale.

Solo adottando un approccio integrato, che unisce governance, formazione e tecnologia, è possibile fermare sul nascere le minacce interne e proteggere realmente il patrimonio digitale aziendale.

La risposta di ReeVo: cloud sicuro e SOC per la protezione delle PMI

Per una PMI, costruire internamente tutte queste difese è spesso complesso, costoso e fuori portata. La risposta più efficace è affidarsi a un partner come ReeVo, che offre una piattaforma cloud sicura “by design”, pensata per integrare nativamente i controlli più importanti.

Il SOC as a Service di ReeVo monitora costantemente i comportamenti anomali, analizza in tempo reale i segnali di insider threat e attiva contromisure prima che il danno si manifesti. Grazie al ReeVo Cloud Portal, i partner possono gestire gli accessi dei propri clienti in modo centralizzato, tracciabile e sicuro.

Tutti i dati restano all’interno di data center europei, certificati ISO 27001, AGID e Tier IV, garantendo la sovranità del dato e facilitando la conformità alle normative più stringenti come GDPR e NIS2. È una sicurezza concreta, continuativa, progettata per proteggere anche dall’interno.