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Cloud migration: strumenti e best practice per eseguirla

Con questa espressione, che fa parte del lessico dei CIO e degli IT manager da più di un decennio, si identifica il processo di trasferimento di dati, applicazioni e processi da ambienti on-premise a quelli basati su risorse e servizi cloud. Il passaggio comporta svariati benefici, che vanno dalla riduzione dei costi operativi alla scalabilità pressoché illimitata delle risorse cloud, ma senza dimenticare l’accesso a tecnologie allo stato dell’arte (AI in primis) e un’agilità operativa di livello superiore.

 

Cloud migration: i modelli cloud, gli strumenti e il ruolo del partner

Per sfruttare appieno i benefici del cloud, è essenziale eseguire una migrazione che affronti il tema con la dovuta professionalità, valutando non soltanto le componenti tecniche della transizione, ma anche le implicazioni normative, il cambiamento nelle dinamiche e nelle modalità di lavoro, nonché tematiche di modernizzazione dell’ecosistema applicativo e di sicurezza. Il passaggio al cloud può infatti creare discontinuità in azienda e non sempre viene percepito come un avanzamento tangibile al di fuori del comparto tecnologico aziendale.

Per questo, le imprese dovrebbero sempre farsi affiancare da partner in grado di assumersi la responsabilità del percorso a 360 gradi, gestendo e governando il cambiamento. Il partner migliore è quello che sa disegnare e implementare una soluzione su misura, avendo inoltre il pieno controllo sulle risorse infrastrutturali. Occorre infatti ricordare che cloud migration non significa necessariamente adottare una infrastruttura IaaS di un cloud provider locale o quella pubblica dei grandi hyperscaler, bensì realizzare una migrazione verso un modello cloud creato su misura per le proprie esigenze, sia in termini di performance che di sicurezza, resilienza e conformità normativa.

Per questo, la cloud migration viene spesso indirizzata verso modelli custom fondati sulla sinergia di componenti pubbliche e private (si parla, appunto, di hybrid cloud), laddove queste ultime possono essere di proprietà dell’azienda, nel suo sistema informativo onpremise o in co-location presso un cloud provider oppure del partner stesso, che di conseguenza ne ha il controllo.

Per quanto concerne i tool, esistono svariate soluzioni e servizi che i vendor e/o gli stessi cloud provider mettono a disposizione delle imprese per semplificare e accelerare la migrazione dagli ambienti on-premises al cloud o tra cloud diversi.

Cloud migration: cinque best practice da sapere

Ragionando in ottica di processo e di best practice, la cloud migration non può che partire con una solida pianificazione, che in termini concreti significa valutare l’infrastruttura esistente, identificare le risorse da coinvolgere nella migrazione e, cosa tutt’altro che secondaria, valutarne i requisiti di sicurezza e di conformità. Molte aziende, soprattutto quelle che operano in mercati regolati, sono propense a mantenere i processi critici in un cloud privato proprio per questioni di controllo su tutto lo stack tecnologico che li supporta. Da questo motivo deriva il grande successo dei modelli ibridi, che oggi sfociano in complesse configurazioni multi-cloud (più provider pubblici e privati) per valutazioni di natura economica e per evitare il vendor lock-in.

Nell’ambito di una corretta pianificazione, l’azienda deve soprattutto valutare l’opportunità della migrazione e i rischi, ponendo così le basi il calcolo del ritorno sull’investimento, un’operazione la cui complessità dipende soprattutto dal carattere intangibile di alcuni benefici come la spinta innovativa, l’accelerazione verso il paradigma dell’azienda data-driven e, di conseguenza, di tutti i processi decisionali.

Un altro momento cruciale è quello in cui le aziende devono definire l’approccio alla migrazione dei dati e dei workload. Cloud migration rappresenta infatti anche un’opportunità di modernizzazione applicativa in tutto e per tutto, che va ben oltre il semplice lift-and-shift ovvero il mero spostamento dell’applicazione da un ambiente all’altro. Il software può essere rivisto, anche riscritto in modo significativo (si parla di re-factor) per allinearlo alle tecniche moderne di sviluppo e deployment, con conseguente maggiore flessibilità, agilità, scalabilità e sicurezza built-in.

Infine, rientra l’integrazione di misure di sicurezza allo stato dell’arte fin dalla pianificazione del processo, l’attivazione di servizi (cloud) di protezione dei dati e di continuità del business (es, Cloud Backup, Backup as-a-service – Baas, e Disaster Recovery as-a-service – DRaaS) e un’accurata gestione del cambiamento, visto l’impatto sistemico della cloud migration.

Affrontare fin da subito gli aspetti di security e protezione dati  nel proprio personale percorso al cloud è fondamentale. In questa fase è sempre consigliabile scegliere, con il proprio partner, un cloud provider dotato di un approccio “integrato by design”, a queste due tematiche.

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