Il cloud ibrido si conferma nel 2025 come uno dei modelli più adottati e strategici nell’evoluzione dell’IT aziendale.
L’integrazione tra cloud pubblici e privati rappresenta oggi una risposta concreta all’esigenza di flessibilità, sicurezza e controllo dei dati, soprattutto in contesti complessi e altamente regolamentati.
Secondo gli ultimi report di mercato, la spesa in Public & Hybrid Cloud continua a crescere significativamente, consolidando il ruolo centrale di questi ambienti nelle strategie digitali delle imprese italiane. In particolare, le architetture ibride e multi-cloud vedono un incremento nella media dei provider utilizzati, con molte aziende che adottano fino a 5 o più fornitori per rispondere a esigenze di continuità, localizzazione e performance.
La migrazione al cloud non è più una semplice opzione, ma una scelta strutturale. Tuttavia, il passaggio a un’infrastruttura ibrida presenta anche sfide importanti in termini di governance, interoperabilità e sicurezza. In questo articolo analizziamo le caratteristiche del cloud ibrido, come gestirlo al meglio e quali criteri adottare per scegliere la piattaforma più adatta.
Cosa è un cloud ibrido
Ricordiamo la definizione di cloud ibrido. Un ambiente cloud ibrido è semplicemente l’unione di un cloud privato con un cloud pubblico in cui – al contrario del multicloud – è prevista un’integrazione. Il cloud ibrido combina il meglio di entrambi i mondi: l'integrazione e l'ottimizzazione sia dei cloud privati on-premise che dei cloud pubblici di terze parti per gestire i carichi di lavoro e i processi per i quali ciascuno è più adatto. È sempre più evidente che ci muoveremo sempre di più in un mondo ibrido.
Tipicamente, un progetto di migrazione al cloud ibrido prevede la trasformazione di un ambiente on premise a cloud privato e la scelta di un cloud pubblico, spesso di un hyperscaler (AWS, Azure, Google Cloud), distribuendo su entrambi i carichi di lavoro.
Il progetto, in particolare, richiede il porting dell’infrastruttura It che si appoggia all’ambiente on premise e la “conversione” del comparto applicativo a una struttura a microservizi cloud native. A monte di tutto ciò c’è da fare una scelta su cosa migrare su cloud privato e su cloud pubblico. Anche nel caso del cloud pubblico, avverrà la conversione del comparto applicativo, subito dopo aver definito gli ambienti (virtuali) di elaborazione e di storage.
Come si gestisce un cloud ibrido
Un ambiente ibrido, come detto, è una struttura complessa che comporta delle criticità. In particolare, non è pensabile evitare l’utilizzo di una piattaforma unificata, la cosiddetta Cloud Management Platform.
In caso contrario, il responsabile interno dei sistemi informativi dovrebbe gestire personalmente ciascuno servizio cloud utilizzando i diversi strumenti di ciascun fornitore di cloud pubblico. Quindi, avrai bisogno di una piattaforma di gestione del cloud (CMP).
Ma, soprattutto, avrai bisogno di un partner It qualificato, un Cloud Service Provider che sappia proporre e gestire ambienti misti. Allo stesso tempo, non tutte le piattaforme di gestione del cloud sono uguali. Per questo, è importante avere chiari i criteri di scelta di un partner It e della CMP.
Esempi di cloud ibrido
Il cloud ibrido non è un concetto teorico, ma una strategia concreta adottata da aziende di ogni settore per coniugare sicurezza, flessibilità e innovazione. Di seguito, alcuni esempi pratici di architetture ibride implementate con successo in contesti reali, che evidenziano le potenzialità di questo modello.
Integrazione tra datacenter aziendale e Microsoft Azure (h3)
Un’azienda manifatturiera che dispone di un datacenter on-premise può scegliere di affiancare l'infrastruttura locale con Microsoft Azure per gestire workload non critici o attività stagionali. Ad esempio, può mantenere i sistemi ERP interni nei propri server per questioni di compliance, mentre utilizza le risorse Azure per eseguire macchine virtuali temporanee o attività di backup e disaster recovery.
Questa configurazione consente di scalare rapidamente le risorse in base alle necessità, senza dover sovradimensionare l’hardware interno.
Multicloud ibrido in ambito retail
Una catena retail può adottare un approccio multi-cloud ibrido, integrando più cloud provider (es. AWS, Google Cloud) con l’infrastruttura locale per distribuire i carichi tra ambienti diversi. I POS nei punti vendita comunicano con i server interni, ma le analytics, le campagne marketing e l’e-commerce vengono gestiti su piattaforme cloud esterne.
Questo modello garantisce disponibilità continua, ridondanza e ottimizzazione dei costi, permettendo una gestione IT estremamente flessibile e orientata al cliente.
Cloud ibrido vs. multicloud
I termini cloud ibrido e multicloud vengono spesso utilizzati come sinonimi, ma rappresentano due approcci distinti alla gestione delle risorse IT. Comprendere la differenza è fondamentale per progettare un’architettura realmente efficace e coerente con gli obiettivi aziendali.
Il cloud ibrido è un modello che integra infrastrutture on-premise (server locali o private cloud) con servizi di cloud pubblico, creando un ecosistema unico e interconnesso. L’obiettivo è combinare i vantaggi del cloud – scalabilità, flessibilità, automazione – con il controllo e la sicurezza delle infrastrutture interne. I carichi di lavoro possono muoversi tra gli ambienti in modo dinamico, favorendo un’ottimizzazione continua delle risorse.
Il multicloud, invece, prevede l’utilizzo simultaneo di più cloud provider pubblici, senza necessariamente un'integrazione profonda tra di essi. Un’azienda può, ad esempio, utilizzare AWS per l’e-commerce, Google Cloud per le analisi dati e Microsoft Azure per le applicazioni di produttività. Questo approccio consente di evitare il lock-in tecnologico e sfruttare le funzionalità migliori di ogni piattaforma.
Vantaggi e criticità del cloud ibrido
Il cloud ibrido è oggi una delle soluzioni più adottate dalle imprese che desiderano modernizzare l’infrastruttura IT mantenendo il controllo su dati e processi critici. Tuttavia, se da un lato questo modello offre numerosi vantaggi, dall’altro comporta anche alcune sfide che vanno attentamente considerate.
Vantaggi del cloud ibrido
- Scalabilità dinamica: l’ambiente ibrido consente di scalare rapidamente le risorse utilizzando il cloud pubblico nei momenti di picco, senza dover sovradimensionare l’infrastruttura on-premise. Questo assicura maggiore elasticità operativa.
- Flessibilità architetturale: le aziende possono scegliere dove far risiedere specifici carichi di lavoro, mantenendo i dati sensibili in ambienti privati o locali e sfruttando il cloud per applicazioni meno critiche o per la collaboration.
- Ottimizzazione dei costi: la possibilità di combinare risorse locali e cloud permette di adottare un approccio più efficiente alla gestione IT, riducendo i costi legati a licenze, hardware e manutenzione, soprattutto in contesti con variabilità stagionale o espansione geografica.
- Business continuity: con un’adeguata orchestrazione, il cloud ibrido consente di implementare strategie di disaster recovery e alta disponibilità, migliorando la resilienza complessiva dei sistemi.
Criticità del cloud ibrido
- Complessità gestionale: integrare ambienti differenti richiede strumenti avanzati di orchestrazione e competenze specialistiche. La mancanza di uniformità tra piattaforme può complicare la gestione quotidiana e la risoluzione dei problemi.
- Governance e sicurezza: il cloud ibrido impone un livello superiore di attenzione nella definizione di policy di sicurezza, accesso, crittografia e monitoraggio, specialmente se i dati si muovono tra ambienti diversi.
- Rischio di lock-in: affidarsi a specifici provider cloud per una parte dell’infrastruttura può generare dipendenza tecnologica, limitando la libertà di spostare carichi di lavoro o cambiare strategia nel tempo.
Come scegliere il cloud service provider
La scelta del cloud service provider giusto che accompagni l’azienda in un progetto di cloud ibrido, non può prescindere dalla sua struttura, dal personale a disposizione del cliente, dalle referenze, dall’offerta e dal ventaglio di costi disponibili e dalle opzioni disponibili a contratto.
Un’azienda ha il diritto di chiedere un team dedicato, non solo durante lo sviluppo del progetto ma lungo tutto il ciclo di vita dell’architettura. Un team particolarmente abile nello sviluppo applicativo e nella gestione delle piattaforme, che sia disponibile ogni volta che sorga un problema.
Le referenze e l’ampiezza dell’offerta devono rassicurare il cliente. Il partner It può consigliare ma non imporre le proprie scelte: se un’azienda ha già un’esperienza positiva con un certo hyperscaler, potrebbe insistere nel continuare a usarlo, e il partner deve accontentarlo.
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Cos’è una piattaforma di cloud ibrido (CMP) e perché è indispensabile
Per la gestione dei cloud ibridi, ogni partner It lavora su diverse Cloud Management Platform ed è importante che condivida il proprio know how con il cliente. La CMP migliore deve avere alcune caratteristiche imprescindibili:
- La piattaforma di gestione del cloud deve consentire agli utenti di ottenere velocemente ciò di cui hanno bisogno. E ciò assolutamente attraverso un'unica interfaccia self-service. E, inoltre, deve fornire report puntuali e con diversi punti di vista di lettura, da rendere disponibili anche all’azienda.
- La giusta CMP non deve richiedere di saper usare interfacce utente specifiche del fornitore. L’interfaccia unica deve saper comunicare facilmente con tutte le tecnologie di back-end e permettere di passare dinamicamente dall’una all’altra.
- In situazioni di cloud ibrido, poi, la CMP deve essere anche in grado di gestire allo stesso modo anche l’ambiente on premise trasformato in cloud privato.
- Scalare le risorse e progettare nuovi servizi in maniera veloce deve essere garantito sempre e comunque dalla piattaforma CMP. Importante, anche, configurare e sfruttare appieno tutte le funzionalità di automazione possibili fornite dai servizi cloud utilizzati.
- La gestione sofisticata dei ruoli di chi accede all’infrastruttura è un altro requisito fondamentale. È importante stabilire fin da subito chi può agire e come perché è risaputo che la maggioranza dei cyberattacchi alle infrastrutture sfrutta la leggerezza nella gestione degli accessi.
- La trasparenza sui costi è una pretesa per un cliente. Il partner It, attraverso la CMP, deve essere in grado di avere una visione molto precisa di quanto sta spendendo il cliente e come. E questi dati devono essere oggetto di un continuo confronto con il cliente stesso.